Le ragioni del NO al progetto di Collegamento tra gli impianti sciistici del Corno alle Scale con Abetone e Doganaccia


In questi giorni si vorrebbe far passare, in nome del rilancio turistico dell’Appennino, il vecchio progetto sovra regionale datato anni ‘60 per unire le tre stazioni sciistiche di Corno alla Scale, Doganaccia e Abetone : una quarantina di milioni di euro la spesa prevista per la realizzazione delle opere, di cui 20 promessi con un finanziamento nazionale e altrettanti dalle due Regioni coinvolte, Emilia-Romagna e Toscana, con fondi destinati al rilancio dell’Appennino Tosco-Emiliano.
Regioni e Comuni non perdano tempo ed investano invece su start-up sostenibili e imprenditoria giovanile: riqualificazione e decoro urbano, agricoltura montana biologica, piccolo artigianato, piste ciclabili, ripristino sentieristica, cura dei boschi e recupero dei borghi antichi, ospitalità diffusa, servizi turistici professionali, formazione, cartellonistica, manutenzione della Porrettana e strade secondarie montane.
Tre le motivazioni forti del “fronte del si”: gli accordi sulla destinazione dei fondi si possono rivedere l’erogazione dei fondi pubblici si può indirizzare verso altre destinazioni, dire che andrebbero perduti è falso. Il finanziamento di questo progetto porterebbe un vantaggio solo ai gestori degli impianti, da anni spesso inattivi anche in periodo invernale per mancanza di neve e in perdita, investendo su un tipo di turismo in flessione; l’impatto ambientale del progetto è consistente e avverrebbe in zone vincolate; quanto ai termini occupazionali, la promozione dell’occupazione in montagna e il rilancio del turismo, entrambi in crisi e ai minimi storici, affinché siano di lungo periodo vanno desinati rispetto alla vocazione e alle caratteristiche specifiche dell’Appennino, attraverso la promozione delle tipicità e della storia locale.
Siamo in pieno periodo di cambiamenti climatici : al convegno regionale su cambiamenti climatici e agricoltura il 30 gennaio è stato presentato a Bologna il nuovo Atlante climatico dell´Emilia-Romagna - edizione 2017 a cura di ARPAE; l’Atlante documenta i cambiamenti del periodo 1991-2015 confrontandoli con il trentennio precedente: le temperature medie regionali sono aumentate di 1,1 °C, mentre le precipitazioni annuali sono diminuite complessivamente di 22 mm (-2%), con notevoli cambiamenti stagionali - estati più aride e autunni più piovosi). Non sono diversi i cambiamenti climatici attesi per il prossimo trentennio (2021-2050). Appare assurdo - denuncia Legambiente, che si stia parlando di un progetto di implementazione della rete di seggiovie e funivie per sviluppare il turismo sciistico invernale.
Come già indicato in una recente nota del CAI, l’impianto sarebbe in gran parte compreso nel SIC/ZPS (Sito di Importanza Comunitaria e Zona di Protezione Speciale) Monte Cimone, Libro Aperto, Lago di Pratignano: la normativa regionale prevede "Misure Generali di Conservazione", da applicare su tutti i siti della Regione. Sono fatti salvi gli interventi di sostituzione e ammodernamento anche tecnologico degli impianti di risalita delle piste da sci esistenti necessari per la loro messa a norma rispetto alla sicurezza delle stesse che non comportino un aumento dell’impatto sul sito in relazione agli obiettivi di conservazione delle ZPS e dei SIC, che prevedano lo smantellamento degli impianti dismessi e previa valutazione di incidenza positiva.
C’è un turismo di altro tipo, quello verde, del trekking, frequentato da camminatori in ogni stagione, in inverno con le racchette da neve e da scialpinisti, e che chiede paesaggi curati e bellezza non deturpata da impianti di risalita, borghi preziosi, offerta di servizi turistici a misura d’uomo.
Con le stesse risorse si potrebbero avviare decine di start-up, cooperative di comunità o aziende giovanili incentrate su sostenibilità ed innovazione, con ricadute occupazionali di certo più promettenti.
Il progetto – sottolinea Legambiente - evidenzia ancora una volta la visione miope del turismo appenninico nella nostra regione: invece di favorire un turismo di montagna sostenibile, attento alle peculiarità locali e continuativo nell’arco dei 12 mesi, si punta a riproporre un modello che, lungi dal fare concorrenza agli impianti sciistici alpini, può solo peggiorare la già difficile situazione di spopolamento di piccole località sparse sul territorio.

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